giovedì 30 ottobre 2014

Eggnog allo zenzero


Manca un giorno ad Halloween, avete affilato i vostri canini finti?? State già preparando muffin mostruosi e piatti inquietanti? Oggi vi propongo una ricetta che potrebbe già farvi pensare al Natale, ma dato il suo colore non proprio invitante potrebbe essere perfetta per una cena di Halloween alternativa, più "elegante"!! Chiamatelo Eggnog o Bava di Lumaca, ma se avete mezz'ora di tempo per preparare un dolcetto al volo per la vostra cena questa è la ricetta per voi!

Ingredienti:

4 uova medie a temperatura ambiente
1/2 litro di latte
100 g zucchero
4 cucchiai di farina di riso
1 pizzico di zenzero
1 cucchiaio di rum
2 cucchiai di caffè in grani

In due ciotole separate i tuorli dagli albumi. In un pentolino scaldate il latte con il caffè, nel frattempo lavorate i tuorli con 80 g di zucchero fino ad ottenere un composto spumoso. Filtrate delicatamente il latte sulle uova e zucchero continuando a mescolare. Aggiungete la farina setacciata. Mettete a bollire un po' d'acqua in una pentola che possa contenere la ciotola. A questo punto mettete la ciotola sopra alla pentola e cuocete a bagnomaria per circa 15 minuti, fino a quando la crema non vela il cucchiaio.
NB: questa crema non si addensa come una solita crema, non vi preoccupate se la trovate un po' più liquida delle altre, si addenserà con il raffreddamento.
Togliete la crema dal fuoco, lasciate raffreddare e per ultimo aggiungete il goccio di rum e lo zenzero. Montate gli albumi con i 20 g di zucchero avanzato e incorporateli delicatamente alla crema di caffè. Servite accompagnando con biscotti o decorazione a piacere.

domenica 12 ottobre 2014

Chi ama l'India lo sa...


Ho lasciato passare un po' di tempo prima di scrivere del viaggio in India. Un mese è ormai trascorso e ancora ogni giorno qualcosa dell'India si attacca ai miei pensieri. Si attacca come gli odori nauseabondi del tempio dei topi, come il sapore degli speziati masala, come le tiritere dei bambini che chiedono l'elemosina, come le litanie dei venditori dei bazar, come le incomprensibili parole delle preghiere giainiste. 


L'India per me è come una donna in attesa che ritorni il marito da una guerra lontana, come una madre che aspetta che rincasi il figlio, sveglia alla finestra. Ci sono uomini seduti nelle botteghe scalze che chiacchierano aspettando che entri qualcuno, ci sono spose di maharaja in attesa di procreare un erede maschio per diventare prima Maharani, ci sono facchini in attesa di un turista per guadagnare qualche rupia portando le valige, ci sono bambini in attesa di un'elemosina anziché del primo giorno di scuola, ci sono figli che aspettano che la loro famiglia scelga per loro una moglie.


Parlare di India è generalizzare per me che ho visto solo una minuscola parte, la zona del Rajasthan, di un continente che fa oltre un miliardo di abitanti. Sicuramente lo è. Ma lì ci si sente una parte del tutto. Si sente così Tara, l'autista che da Nuova Delhi ci ha accompagnato attraverso le tappe del nostro viaggio, e che al volante ripete "India no rules". Si sente così Balu, il mercante di stoffe che sta per esportare i suoi prodotti ma non si stupisce che nella sua città non ci siano i cassonetti perché l'India è troppo grande perché lo stato centrale possa essere efficace.  Ci siamo sentiti una parte del tutto anche noi e per dirlo con le parole di chi dell'India non ha visto solo un pezzetto, Tiziano Terzani:

Chi ama l'India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. E' sporca, è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso malodorante, corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne può fare a meno. Si soffre a starne lontani. Ma così è l'amore: istintivo, inspiegabile, disinteressato.
Innamorati, non si sente ragione; non si ha paura di nulla; si è disposti a tutto. Innamorati, ci si sente inebriati di libertà; si ha l'impressione di poter abbracciare il mondo intero e ci pare che l'intero mondo ci abbracci. L'India, a meno di odiarla al primo impatto, induce presto questa esaltazione: fa sentire ognuno parte del creato. In India non ci si sente mai soli, mai completamente separati dal resto. E qui sta il suo fascino.


Il giorno della partenza avevo voglia di tornare a casa ma sentivo anche che sarebbe presto nata in me la voglia di tornare in India. Una contraddizione, forse. Come le contraddizioni sono ciò che rende l'India quello che è. Religiosa e tollerante. Povera e superpotenza economica. Sacra e profana. Millenaria e all'avanguardia. Che accoglie e che discrimina. Caotica e spirituale. Colta e analfabeta. Sposa e concubina.


Imprevedibile e sorprendente. Come i masala, le miscele di spezie su cui si basa la sua cucina. Badate bene non una spezia, una miscela di spezie. Cumino, curcuma, coriandolo, cardamomo, chiodi di garofano, cannella, pepe nero, zenzero, semi di senape, aglio, peperoncino... Le spezie si vanno a miscelare in infinite combinazioni e creano alchimie di sapore sempre diverse ma mai casuali. Ogni famiglia ha il suo masala perché ogni curry* abbia un sapore irripetibile.

*Curry nel senso etimologico del termine, cioè salsa, zuppa, stufato. Gli inglesi hanno acquisito questo termine nella loro lingua, indicando la mistura di spezie piuttosto che il piatto cucinato: così è nato il curry inteso come mistura di spezie, masala in India.



Il posto migliore dove assaggiare la vera cucina indiana è la strada. Per quanto ho potuto osservare la maggior parte della vita nelle zone del Rajasthan che abbiamo visitato si svolge per strada. Botteghe, case, templi tutto si affaccia per strada. Non ci sono porte ma contaminazione tra interno ed esterno.






Uno dei cibi di strada per eccellenza è la samosa, una mezzaluna (samosa appunto) di pasta di farina fritta ripiena di patate, piselli e spezie con l'aggiunta, nella versione non vegetariana, di carne di pollo. Vi scrivo la ricetta, tratta dal libro "India in cucina" di Pushpesh Pant.

Ingredienti

500 g farina
olio per friggere
100 g patate
150 g piselli sgusciati
4 cucchiai di burro chiarificato
1 cucchiaino di semi di cumino
5 cm di zenzero fresco pelato e tritato finemente
4 peperoncini verdi senza semi tritati
1 cucchiaino di peperoncino in polvere
1 pizzico di curcuma macinata
1 cucchiaino di coriandolo macinato
1 cucchiaino di semi di melograno
1 cucchiaio di foglie di coriandolo tritate
sale

Mettete la farina in una ciotola capiente e aggiungete acqua fino a formare una pasta ben soda. Dividetela in 10 porzioni uguali e formate delle palline. Coprite con un canovaccio umido. Lasciate riposare e nel frattempo preparate il ripieno. Cuocete le patate in una pentola di acqua bollente per 20 minuti circa (devono essere tenere) e lasciate raffreddare. Pelatele e schiacciatele grossolanamente. Cuocete i piselli in acqua bollente per 5-10 minuti. Scaldate il burro chiarificato in una casseruola, aggiungete i semi di cumino e soffriggete a fiamma media per 15 secondi. Aggiungete lo zenzero, i peperoncini, il peperoncino in polvere, la curcuma, il coriandolo e salate. Soffriggete per un altro minuto quindi aggiungete le patate e i piselli e cuocete per un altro minuto. Aggiungete i semi di melograno e il coriandolo fresco e mescolate. Se necessario regolate di sale. Togliete dal fuoco e lasciate raffreddare completamente il ripieno, poi dividetelo in 10 porzioni uguali. Mettete le palline di impasto su una spianatoia infarinata e formate dei cerchi di 12 cm di diametro. Inumidite i bordi con l'acqua, collocate una porzione di ripieno al centro e richiudete la pasta, sigillando bene. Scaldate l'olio a 180° (finché un dado di pane non scurisce in 30 secondi) e friggete i samosa per 2-3 minuti o finché sono ben dorati. Togliete dall'olio con una schiumaiola e scolate su carta da cucina.