mercoledì 23 febbraio 2011

Il vero Bonèt piemontese


Torino, la città magica per molti. Per me una città ricca di novità ad ogni angolo, parchi, chiese, controviali, paesaggi meravigliosi...una bellissima signora dell'alta borghesia che con la sua discrezione ti accoglie senza nulla chiedere in cambio. Ma come si mangia a Torino? Beh devo dirvi che ci sono differenze abissali tra la cucina piemontese e quella emiliana, ma ciò che le accomuna non è di certo la leggerezza delle ricette!
Se dall'Emilia abbiamo paste ripiene, al forno, crescentine/tigelle, zampone, dall'altra parte abbiamo bagna caoda, arrosti importanti, il bollito misto piemontese, la polenta concia e le innumerevoli qualità di tome.
Ciò che più mi ha colpito è l'importanza del riso e dei risotti, piatti importanti nella cucina piemontese al contrario di quella emiliana; per la nostra "rezdora" il riso è sinonimo di influenza e virus....
Oggi parliamo di questa città con uno dei suoi dolci tipici: il Bonèt. Le sue origini risalgono, probabilmente, alla zona delle Langhe: "Bonèt" in piemontese significa cappello/berretto e, secondo il dizionario Piemontese/Italiano di Vittorio Sant'Albino del 1859, il dolce porta il nome di "Bonèt" perchè questo è il nome che in piemontese è dato allo stampo di rame e alluminio nel quale è cotto, che imita in realtà un cappello da cucina. L'ipotesi più curiosa e più accreditata nelle Langhe, lascia intendere che il dolce sia stato chiamato cosi perchè veniva servito a fine pasto, come cappello a tutto ciò che si era mangiato. Infatti, prima di uscire di casa o da un locale chiuso, dopo essersi vestiti, si indossava come ultimo indumento, il bonèt, e quindi per similitudine il dolce posto a chiusura del pasto prese questo nome.

Ingredienti
4 uova
6 cucchiai di zucchero
1/2 litro di latte
50 g amaretti
2 cucchiai di cacao amaro
2 cucchiai di rhum
scorza di limone

Scaldate il forno a 180° e fate bollire il latte con la scorza di limone. Sbattete le uova in una terrina, unite 4 cucchiai di zucchero, il cacao, gli amaretti finemente sbriciolati con le mani, il rhum e il latte. Amalgamate il tutto con l'aiuto di una frusta e preparate il caramello. Scaldate 2 cucchiai di zucchero in un pentolino fino a farlo diventare di colore biondo-nocciola, spruzzate un po' d'acqua facendo diventare lo zucchero filante e mescolate girando il pentolino sulla fiamma viva. Versate il caramello così ottenuto in uno stampo, che è stato tenuto in caldo per facilitarne lo scorrimento, in modo da velare il fondo e le pareti. Raffreddato il caramello, versate il composto nello stampo e cuocete a bagnomaria nel forno per 45 minuti circa. Quando il composto è ben rappreso, lasciatelo raffreddare per poi metterlo in frigorifero per 2/3 ore. Servite il Bonèt capovolto in un piatto da portata con qualche amaretto come decorazione.

Attenzione!
Il colore del Bonèt non è affatto simile a quello di un budino al cioccolato, né la consistenza e il sapore è simile. Il colore sarà più scuro verso le estremità e più chiaro all'interno, mentre la consistenza sarà molto più morbida di un classico budino.

La ricetta può subire, a seconda delle zone del Piemonte, alcune variazioni; possono, infatti, essere aggiunte nocciole della varietà "tonda gentile delle Langhe", del caffè pure cognac al posto del rhum. Inoltre esistono due tipi di Bonèt: quello tradizionale, detto alla monferrina, non presenta cacao ne cioccolato ma solo uova, latte, zucchero e amaretti. Con l'ingresso nelle cucine ricche di nuovi ingredienti provenienti dalle colonie sudamericane, il dolce cominciò a presentare la variante con cui oggi lo si conosce, quella al cioccolato.
Buon appetito!

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